Allergia primaverile e Covid, come distinguerli: analogie e differenze
In questo 2020, la primavera e l’estate ci mettono di fronte alla consueta allergia, ma con una preoccupazione in più, legata alla circolazione del Coronavirus. Come fare dunque a distinguere i sintomi tipici dell’allergia primaverile da quelli caratterizzanti invece il Covid-19? È possibile che i fenomeni allergici predispongano maggiormente a contrarre il virus o ne aggravino gli effetti? Cerchiamo di fare chiarezza.
Allergia primaverile: di cosa si tratta e quando inizia
La rinite allergica, che a partire dalla primavera colpisce il 25% della popolazione italiana, è una condizione dovuta alla risposta messa in atto dal sistema immunitario per difendersi da una potenziale minaccia esterna. L’allergia ai pollini è la forma di allergia più diffusa nel mondo ed è caratterizzata da una reazione infiammatoria verso allergeni innocui presente nell’ambiente esterno. Con l’alternarsi delle stagioni, e in particolare in primavera in seguito alla fioritura delle piante, i pollini si diffondono nell’ambiente, con il rischio di depositarsi anche sulle mucose della congiuntiva, del naso e dei bronchi.
Ci sono piante più predisposte a suscitare reazioni allergiche, ciascuna durante il proprio periodo di fioritura: le Graminacee, ad esempio, rilasciano pollini tra aprile e giugno; la Parietaria da marzo a ottobre. Per le persone sensibili alle proteine allergeniche portate dai pollini inevitabilmente questo si traduce in sintomi clinici.
Ciò che quest’anno suscita più preoccupazione in quanti soffrono di rinite allergica è la sovrapposizione della stagione dei pollini con la diffusione del Coronavirus. Come fare dunque a distinguere i sintomi dell’una o dell’altra patologia?
Sintomi da allergia primaverile o sintomi da Covid-19?
Il Ministero della Salute dà la prima buona notizia, per cui dagli studi a disposizione non risulta che le forme allergiche più comuni siano fattori di rischio per la contrazione dell’infezione SARS-Cov-2, o predispongano comunque la persona allergica a un esito più sfavorevole. Solo nel caso di asma grave, in cui i pazienti hanno bisogno di cure quotidiane, ci si trova di fronte a una condizione polmonare cronica che predispone a malattie gravi.
Per quanto riguarda i sintomi, invece, quanti soffrono cronicamente di allergia sono di certo allenati a sufficienza a riconoscerli, ma l’ansia di contrarre il virus e una conoscenza scientifica in merito ancora in fieri possono causare dei dubbi.
La sintomatologia più diffusa per l’allergia primaverile è costituita da congiuntivite, congestione nasale e naso che cola, starnuti ed eruzioni cutanee. Caratteristiche prettamente legate a questa forma di patologia sono proprio gli starnuti a raffica e la secrezione nasale, che non rientrano invece fra i sintomi principali diagnosticati per il Coronavirus. Parallelamente l’infezione delle vie respiratorie causata dal virus determina tosse e innalzamento della temperatura corporea, che di rado si manifestano come conseguenze di una rinite allergica.
Quindi quali sintomi possono avere in comune l’allergia primaverile e il Covid-19? L’irritazione della congiuntiva e la dispnea, ovvero la difficoltà a respirare. Per quanto sia imprescindibile consultare il proprio medico in presenza di tali sintomi, esistono però dei piccoli segnali che consentono di intuire la diagnosi. I sintomi di congiuntivite allergica differiscono infatti leggermente dai sintomi di congiuntivite virale. La congiuntivite allergica colpisce in genere entrambi gli occhi contemporaneamente, può causare prurito e gonfiore, ed è caratterizzata da una secrezione oculare più spessa.
Nel caso di difficoltà respiratorie legate al Coronavirus, invece, queste tendono a peggiorare o manifestarsi anche durante sforzi fisici lievi e risultano poco responsive ai farmaci antistaminici.
Come curare l’allergia ai pollini?
Negli ultimi anni si è registrato un aumento della polisensibilizzazione, ovvero delle persone sensibili a specifiche componenti allergiche. Per diagnosticarle è necessario rivolgersi a un allergologo, che può indirizzare il paziente verso esami specifici, dal tradizionale prick test ai dosaggi delle IgE specifiche, e dunque determinarne la cura.
Le cure più comuni mirate a contrastare l’allergia primaverile sono di due tipi. La terapia farmacologica topica o sistemica a base di antistaminici, cortisonici o decongestionanti nasali, è in grado di controllare la sintomatologia del paziente, ma non incide sulle ricadute stagionali successive. Il trattamento immunoterapico somministra per via iniettiva quantità progressivamente crescenti dell’allergene specifico, così da indurre una tolleranza stabile nei suoi confronti da parte della persona allergica.
Esistono anche alcuni cibi che si distinguono per le loro proprietà antistaminiche naturali. Al di là della più nota vitamina C, altri alimenti che agiscono sull’organismo per prevenire il rilascio di istamina e quindi di infiammazioni sono quelli ricchi di flavonoidi, come mele, frutti rossi e legumi, o il ribes nero.
Infine, senza dimenticare di mettere in atto gli accorgimenti di cui ogni allergico è a conoscenza, in tempi di Covid-19 le misure di contenimento del virus predisposte forniscono un ulteriore aiuto: indossare la mascherina contribuisce a diminuire la concentrazione di polline inalabile, riducendo di conseguenza i sintomi. Il fatto stesso di seguire il trattamento specifico per la propria allergia riduce la sintomatologia tipica che può indurre a toccare di frequente naso e occhi, garantendo maggiore sicurezza per sé.
Poi, limitati gli starnuti, si limitano anche le possibilità di contagio verso terze persone.