Vitamina D, perché è così utile?
28 giugno

Vitamina D, perché è così utile?

La vitamina D presiede a numerose funzioni nel nostro organismo, e studi recenti la indicano anche come fattore di prevenzione efficace rispetto alla possibilità di contrarre il Covid-19. Per quali ragioni è importante apportare il corretto fabbisogno di vitamina D al nostro organismo, soprattutto in un momento in cui si è costretti a trascorrere la maggior parte del tempo in casa? Ecco le risposte alle 10 domande più comuni sulla vitamina D.

  1. Quale funzione ha la vitamina D?

La funzione principale della vitamina D è assicurare un buon assorbimento di calcio nell’intestino e favorire la corretta mineralizzazione delle ossa. Esistono cinque diverse vitamine che rientrano in questo gruppo, ma le più importanti per l’uomo sono la vitamina D2, ergocalciferolo, e la vitamina D3, colecalciferolo. In particolare la vitamina D3 favorisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale: se presente in quantità ottimali, infatti, può aumentarne l’assorbimento fino al 30%, garantendo così il passaggio del calcio nel sangue e la sua circolazione nell’organismo.

La vitamina D favorisce dunque la crescita fisiologica dello scheletro e la mineralizzazione delle ossa, prevenendone la degenerazione in età avanzata, quando si ha un aumento del rischio di osteoporosi e di riduzione della densità ossea.

  1. Come la vitamina D agisce sul sistema immunitario?

La vitamina D, oltre a esercitare una funzione metabolica del calcio e del fosforo, svolge anche un ruolo attivo nel sostenere il sistema immunitario. La vitamina D ha una funzione immuno-regolatrice che influisce tanto sul sistema immunitario innato quanto su quello adattivo, e studi relativamente recenti mostrano una crescente evidenza epidemiologica che lega una carenza di vitamina D a malattie autoimmuni, tra cui sclerosi multipla, artrite reumatoide e diabete di tipo 1.

Questi studi dimostrano come la presenza o carenza di vitamina D possa regolare il sistema immunitario e influenzare la suscettibilità alle malattie autoimmuni, in quanto si è evidenziato che le cellule immunitarie nelle malattie autoimmuni rispondono agli effetti migliorativi della vitamina D. Livelli sufficienti di vitamina D riducono anche il rischio di malattie infettive, rafforzando il sistema immunitario innato. La vitamina D, infatti, attiva i peptidi chiave del sistema immunitario che innescano una risposta antimicrobica in grado di contrastare l’infezione prima che si sviluppi pienamente.

  1. Perché la vitamina D potrebbe essere utile per prevenire il Coronavirus?

Un’ampia rassegna di studi clinici preliminari ha evidenziato che l’assunzione di vitamina D riduce di circa il 42% le probabilità di sviluppare un’infezione respiratoria per le persone con livelli di questa vitamina al di sotto di 20-25 ng/mL. La vitamina D eserciterebbe dunque un ruolo importante nel ridurre il rischio di contrarre infezioni respiratorie di origine virale.

In relazione al Coronavirus, si è osservato che livelli ottimali di vitamina D permetterebbero ai pazienti di rispondere meglio all’attacco del virus che colpisce le vie respiratorie. Questa affermazione è ancora tuttavia da dimostrare a livello scientifico, e bisogna tenere presente che non esiste un alimento o una vitamina in grado di garantire una protezione totale dal Coronavirus, ma esistono modi per prendersi cura di sé e offrire al proprio sistema immunitario la possibilità di fare fronte a una malattia respiratoria nel migliore dei modi.

  1. Dove si trova la vitamina D e quali cibi bisogna mangiare?

La maggior parte della vitamina D presente nell’organismo è di origine endogena, ovvero viene sintetizzata a livello endogeno della cute al momento dell’esposizione solare, e in particolare ai raggi UVB. In genere, quindi, nel periodo compreso tra marzo e settembre, l’organismo produce la quantità di vitamina D necessaria al suo fabbisogno, per quanto fattori quali colore della pelle e uso di protezioni possano influenzarne il processo di acquisizione. Solo una percentuale ridotta di vitamina D proviene dalla dieta, e solitamente solo in caso di carenza riscontrata attraverso le analisi del sangue è raccomandata l’assunzione di integratori specifici.

cibi a più alto contenuto di vitamina D sono pochi e quasi esclusivamente di origine animale. In primo luogo, un buon apporto di vitamina D è fornito dal pesce: salmone, aringhe e sgombri. In misura minore questa vitamina è presente nelle uova: mentre le proteine sono per lo più contenute nell’albume, vitamine e minerali si concentrano soprattutto nel tuorlo dell’uovo.

Ci sono poi alimenti che, pur non contenendo naturalmente la vitamina D, sono tuttavia fortificati con essa durante il processo produttivo. Si tratta, ad esempio, del latte di mucca, che con una tazza di circa 200 ml è in grado di apportare il 30% del fabbisogno giornaliero di vitamina D; o il latte di soia, che costituisce una valida alternativa ai prodotti di origine animale per coloro che sono vegetariani o vegani. Anche il succo d’arancia o i cereali possono essere fortificati con l’aggiunta della vitamina D, arrivando a coprire con la loro assunzione fra il 30% e il 40% della dose giornaliera raccomandata.

  1. Perché somministrare la vitamina D ai bambini?

I bambini necessitano della vitamina D per una crescita e uno sviluppo sano di ossa e denti, e rischiano di essere maggiormente esposti a un deficit di questa vitamina qualora la carenza riguardi anche la madre o siano allattati esclusivamente al seno. Il latte materno, infatti, è il migliore alimento per il neonato, ma contiene solo piccole quantità di vitamina D, che potrebbero non essere sufficienti a soddisfare le esigenze del bambino.

Solitamente, ma sempre dietro consultazione del pediatra, si raccomanda ai bambini allattati al seno, dalla nascita fino a 1 anno di età, l’assunzione di un integratore giornaliero di 10 mg di vitamina D. In ogni caso, l’esposizione alla luce solare tanto della madre durante la gravidanza quanto del bambino risulta essere la fonte principale per contrastare una carenza di vitamina D, che diversi studi attestano ormai diffusa fra la popolazione italiana, raggiungendo percentuali anche del 70%.

  1. Quali sono i valori normali e cosa fare in caso di carenza di vitamina D?

valori di vitamina D considerati normali dall’Agenzia Italiana del Farmaco sono compresi fra 20 e 40 ng/mL, e sono per la maggior parte garantiti da una corretta esposizione alla luce solare e da una buona alimentazione.

Nella situazione attuale, tuttavia, in cui l’obbligo di restare a casa diminuisce le possibilità di esposizione alla luce solare, è possibile assumere il fabbisogno giornaliero di vitamina D attraverso degli integratori.

Per quanto riguarda la loro formulazione, si può decidere fra diverse soluzioni a seconda delle proprie esigenze.
Le gocce garantiscono un buon assorbimento della vitamina D e sono facili da assumere, anche in caso di somministrazione ai bambini: possono, ad esempio, essere aggiunte allo yogurt o assunte su una fetta di pane.
Le compresse sono più pratiche fuori casa, mentre le perle hanno una formulazione assimilabile agli integratori in gocce, ma rendono più pratico il dosaggio. Molti integratori di vitamina D, in particolare se destinati a bambini e neonati, vengono aromatizzati per renderne il gusto più gradevole, e sono privi di glutine e lattosio, pertanto adatti anche agli intolleranti.

  1. Quale integratore di vitamina D scegliere?

Fra i diversi integratori di vitamina D, Solgar, nel settore degli integratori alimentari da più di 70 anni, propone Liquid Vita D3, indicato per chi vuole integrare la vitamina D3 a uno stile di vita sano. Si presenta sotto forma di gocce con olio di semi di girasole: favorisce l’assorbimento della vitamina ed è privo di additivi nocivi e allergeni comuni. È aromatizzato all’arancia e può essere preso in diversi momenti della giornata, suddividendone così il dosaggio. 

Vita D di Erba Vita, invece, è un integratore di origine vegetale, poiché la vitamina D viene estratta dal lichene islandico. Questa caratteristica rende Vita D un integratore adatto anche ai vegani, ovvero a quanti sono maggiormente esposti al rischio di carenza di vitamina D per via della loro dieta.

Particolarmente indicati per i bambini sono, infine, Dicovit D e Smart D3. Il primo integratore è senza glutine e la sua formulazione in perle facilita la regolazione delle dosi; una singola perla fornisce, infatti, la quantità giornaliera di vitamina D3 raccomandata per i neonati.

Smart D3 di Smarfarma, invece, è un integratore privo di glutine e di lattosio, quindi adatto a bambini intolleranti a questo zucchero. Il suo gusto è reso più gradevole dal sapore di banana e 0,5 ml di prodotto forniscono 10 mg di vitamina D3 raccomandati come dose giornaliera tra 0 e 12 mesi.

I dosaggi e la somministrazione dipendono dal singolo prodotto. Attenzione a non eccedere nel consumo: la vitamina D è liposolubile e per questo tende ad accumularsi nell’organismo. L’assunzione per periodi prolungati e a dosi elevate può provocare danni alla salute, come ipercalcemia e calcolosi renale, e un sovradosaggio nei primi mesi di gravidanza può anche avere effetti tossici per il feto. È importante, dunque, rivolgersi al medico prima dell’assunzione e attenersi alla posologia prescritta.

  1. Cosa comporta una carenza di vitamina D?

 Una dieta carente di vitamina D in combinazione con un’esposizione solare inadeguata può determinare una riduzione della forza muscolare e dolori diffusi, mentre in casi estremi può condurre al rachitismo nei bambini e alla fragilità ossea negli adulti.

Per queste ragioni, un’integrazione di vitamina D è generalmente raccomandata agli anziani ospiti nelle residenze sanitario-assistenziali, alle donne in gravidanza o allattamento, e alle persone che soffrono di patologie ossee, come osteoporosi o osteopatie.

Molti dei sintomi della carenza di vitamina D sono piuttosto comuni e non specifici, e di conseguenza spesso non vengono associati a un suo deficit. In relazione alla funzione di supporto al sistema immunitario, una mancanza di vitamina D può comportare una certa propensione a contrarre infezioni delle vie respiratorie o stati influenzali e di raffreddamento.

Un ulteriore effetto della carenza di questa vitamina è un generale senso di stanchezza e affaticamento diffuso; questo rapporto fra l’assenza di vitamina D e un certo livello di astenia è stato rilevato dagli studi in particolare per le donne di giovane età, che avvertirebbero maggiormente il senso di fatica con inevitabili ripercussioni sulla vita quotidiana.

Altri sintomi frequenti di una mancanza di vitamina D sono, inoltre, il dolore osseo, un frequente mal di schiena, e perdita del tono muscolare, riscontrabili soprattutto negli adulti in età più avanzata e legati alla funzione metabolica di calcio e fosforo svolta da questa vitamina.

  1. Quali sono i soggetti più a rischio di carenza di vitamina D?

In realtà la carenza di questa vitamina risulta piuttosto comune: si stima, infatti, che circa 1 miliardo di persone in tutto il mondo abbiano bassi livelli di vitamina D nel sangue. Le ragioni possono essere molteplici.

Dal momento che l’80-90% della vitamina D3 presente nel nostro organismo dipende dall’esposizione ai raggi del sole, alcuni fattori di rischio possono essere riconducibili alla scarsa quantità di tempo trascorsa all’aria aperta, all’elevato grado di protezione usato per evitare scottature, all’ora del giorno e ovviamente alla stagione in cui ci si espone maggiormente, ma anche alla pigmentazione della cute.
Una pelle più scura necessita di una maggiore esposizione al sole, perché si accompagna a una minore efficienza produttiva cutanea. Il metabolismo della vitamina D è poi influenzato da una cattiva dieta, priva degli alimenti che ne apportano il fabbisogno giornaliero, e dall’obesità.

Infine, l’uso di alcuni farmaci può impedirne l’assimilazione da parte dell’organismo: farmaci antiepilettici, per il colesterolo, o antimicotici possono ostacolare il giusto apporto di vitamina D.

  1. Raccomandazioni sulla vitamina D

L’apporto quotidiano necessario di vitamina D varia a seconda dell’età, e si esprime in mg (microgrammi) o UI (Unità Internazionale). Le linee generali, solitamente, prevedono che dopo i primi 12 mesi di vita, in cui la dose raccomandata di vitamina D è di 10 mg (400 UI) al giorno, l’assunzione quotidiana di questa vitamina si attesti a 15 mg, pari a 600 UI. Questa quantità è consigliata anche per le donne in gravidanza, e risulta valida fino all’incirca a 60 anni.

La linea guida in proposito è sempre la stessa: trascorrere regolarmente del tempo all’aria aperta nel periodo estivo rende superflui supplementi di vitamina D nella maggioranza dei casi. Il sole è così forte che basta esporre la pelle per circa 20 minuti al giorno per produrne la quantità di vitamina D necessaria. In inverno, quando la sintesi endogena della vitamina può non essere sufficiente, un’alimentazione ricca di vitamina D è in grado coprire il fabbisogno. 

Per tutti gli over 60, invece, l’apporto giornaliero di vitamina D è pari a 20 mg (800 UI), tale da fare fronte a un maggiore fabbisogno proprio dell’età più avanzata.